Nelle ultime settimane abbiamo assistito a fuoriuscite di capitali dal dollaro americano, dovute alle aspettative da parte degli investitori relative a ulteriori tagli di tassi da parte della Federal Reserve americana. Il mercato, scontando tassi più bassi da parte della Fed, aveva infatti iniziato a liquidare pesantemente dollari americani in quanto i differenziali di tassi tra il biglietto verde e le altre principali divise si sarebbero, presumibilmente, andati a ridurre. Con l’inizio dell’avversione al rischio, che ha portato alle prime discese sulle borse, dovuta alla situazione di incertezza iniziale relativa al virus, il dollaro ha continuato a soffrire fino a quando l’avversione al rischio è divenuta totale (in quanto si è capito che gli effetti sull’economia reale di questo virus saranno effettivamente pesanti). In quel momento, i mercati hanno iniziato a scontare non solo tagli da parte della Fed, ma anche da parte di tutte le altre banche centrali del mondo, iniziando a comprendere che saremmo arrivati a quello che noi definiamo un mondo a tassi zero. In quest’ottica, con i differenziali di tassi praticamente azzerati e con gli investitori che, come scrivevamo, devono comprendere quali siano le nuove regole del gioco (sia economico che finanziario), la liquidità è stata scelta come principale strumento di difesa. Si attende infatti di comprendere quali possano essere gli asset su cui andare ad investire e ci si tiene pronti, rimanendo, per l’appunto, liquidi. Questo ci fa comprendere l’urgenza di essere pronti nel momento in cui partiranno i movimenti (avendo già denaro liquido a disposizione senza dover aspettare tempi tecnici di disinvestimenti da altre asset class – oro in primis, lui ci sta confermando quanto diciamo – bonifici e quant’altro) e va a sancire il ruolo di re per il dollaro americano, valuta di riserva mondiale che, quando tutto salta, va a surclassare chiunque, euro in testa.
Non ci attendavamo grandi rimbalzi, tant’è che nel nostro Trading Hub (ci colleghiamo ogni mattina alle 9) e nelle nostre analisi scritte, le analisi sono risultate molto chiare. Petrolio nuovamente sotto area 30, con l’approdo in area 25.50 e mercato che risulta ancora pesante. Da un punto di vista tecnico, l’area di 25.00 risulta essere ancora una zona di potenziale attrazione per i prezzi, adesso tuttavia ci fermiamo con le analisi e aspettiamo che i prezzi ci restituiscano dei riferimenti sui livelli di minimo, per poi cercare di comprendere quali saranno i punti su cui, potenzialmente, lavorare. Chi si trova eventualmente a mercato in posizione corta, potrebbe pensare di mantenere una visione tecnica di potenziali estensioni ulteriori a ribasso, anche oltre 25, con proteioni da pensare sopra area 27.70 in ottica di lungo periodo. Dal punto di vista macroeconomico non è cambiato nulla, gli accordi sui tagli alla produzione tra Russia e Opec sono saltati e la guerra sui prezzi non accenna tregue. Continua a risultare interessante la totale decorrelazione tra l’andamento del greggio e le altre asset class. E’ infatti possibile, lavorare il petrolio senza curarsi, per il momento, di cosa accade agli altri strumenti. Curiamo con attenzione il momento in cui dovesse tornare la propensione al rischio (lontano ancora purtroppo), lì si potranno studiare eventuali rimbalzi interessanti. Nei prossimi giorni, a partire già da domani, torneremo a ragionare sui livelli tecnici su cui poter pensare a situazioni da poter potenzialmente sfruttare.