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La riunione odierna del FOMC si presenta come uno degli appuntamenti più delicati dell’anno, con la Federal Reserve che, secondo le attese di economisti e future sui Fed funds, dovrebbe procedere al terzo taglio consecutivo dei tassi di interesse, pari a 25 punti base, portando il corridoio dei Fed funds nell’area 3,50%–3,75% e consolidando così la transizione verso una fase più accomodante della politica monetaria. Più del singolo movimento, tuttavia, saranno centrali il nuovo Summary of Economic Projections, il dot plot aggiornato e soprattutto il tono di Jerome Powell in conferenza stampa, chiamato a gestire una Federal Reserve profondamente divisa tra falchi, preoccupati da un’inflazione ancora sopra il target e dall’impatto dei dazi voluti dall’amministrazione Trump, e colombe, più sensibili ai segnali di raffreddamento del mercato del lavoro e all’aumento della disoccupazione.
Molti desk si aspettano quello che viene già definito un “taglio hawkish”: una riduzione dei tassi accompagnata da una guidance più prudente su ulteriori allentamenti nel 2026, con un innalzamento implicito della soglia per nuovi interventi e la possibilità di dissensi espliciti nel voto e nella traiettoria dei tassi disegnata dal dot plot. In questo contesto, i mercati azionari e obbligazionari reagiranno meno al dato secco sul livello dei Fed funds e molto di più alle sfumature lessicali del comunicato e alle indicazioni prospettiche sui prossimi trimestri, che determineranno la direzione di dollaro, Treasury, asset rischiosi e settori più sensibili al costo del denaro.
L’euro arriva a dicembre sostenuto da un apprezzamento di poco superiore al 10% su base annua contro il dollaro, con EUR/USD tornato stabilmente in area 1,16–1,17 dopo i minimi del 2022–2023, in scia a un riequilibrio delle aspettative sui tassi tra Federal Reserve ed ECB e a una minore forza strutturale del biglietto verde rispetto ai picchi del 2024. La Fed si prepara a un nuovo taglio dei tassi nella riunione del 10 dicembre, in quello che molti operatori definiscono un “hawkish cut”, con il mercato che prezza una riduzione di 25 punti base e ulteriori allentamenti nel corso del 2025: un mix che tende a comprimere i rendimenti reali USA, a ridurre il premio per detenere asset in dollari e, di conseguenza, a limitare il margine di rafforzamento strutturale del biglietto verde.
Sul fronte europeo, l’ECB ha già portato il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali al 2,15% e il tasso sui depositi al 2,00%, mantenendo una postura prudente su ulteriori tagli in presenza di un’inflazione headline prossima al target e di una componente core ancora relativamente vischiosa, nonostante il rientro delle pressioni legate a energia e supply chain. In sintesi, il differenziale di tasso nominale resta ancora a favore del dollaro, ma con una traiettoria che nel 2025 tende a ridursi sia in termini nominali sia reali, creando un contesto di medio periodo moderatamente favorevole all’euro, pur all’interno di fasi di volatilità legate alla sorpresa dei dati su mercato del lavoro e inflazione USA e alle revisioni delle traiettorie attese per Fed ed ECB.
Nella settimana che conduce al 9 dicembre, EUR/USD ha oscillato in un range indicativo 1,1595–1,1680, con i massimi registrati il 4 dicembre in area 1,1680–1,1682 e minimi in prossimità di 1,1595–1,1600, all’interno di un canale rialzista di breve che continua a incanalare la fase di recupero dell’euro. Le chiusure giornaliere si sono mantenute stabilmente sopra 1,1620, con l’ECB che indica un cambio di riferimento a 1,1637 e altre fonti istituzionali che riportano livelli molto vicini (1,1639–1,1645), a conferma di una fase di consolidamento leggermente direzionale a favore della moneta unica, caratterizzata più da accumulo che da prese di profitto strutturali.
Applicando una regressione lineare ai prezzi delle ultime settimane (timeframe daily) emerge una pendenza moderatamente positiva, coerente con un trend ascendente ma non esplosivo; i prezzi oscillano attorno al canale di regressione con una leggera propensione a stabilizzarsi nella parte alta del range, segnale di underlying bid su EUR pur in assenza di estensioni verticali degne di nota. La banda superiore del canale di regressione intercetta l’area 1,1680–1,1715, che rappresenta la principale fascia di resistenza di breve periodo, mentre la banda inferiore transita poco sopra 1,1550–1,1580, zona in cui convergono i supporti tecnici chiave citati nelle analisi di diverse case e che, in caso di correzioni, assume il ruolo di primo livello di difesa del trend rialzista in atto.

Le analisi tecniche più recenti convergono sul fatto che EUR/USD scambi stabilmente al di sopra della media mobile a 50 giorni, confermando il rafforzamento del trend rialzista di breve rispetto ai minimi visti intorno a 1,1500 nelle settimane precedenti. Alcuni desk sottolineano che, pur rimanendo al di sotto di alcune medie di più lungo periodo su time frame estesi, il quadro complessivo è passato da ribassista a neutrale‑rialzista, grazie al recupero sopra le medie dinamiche intermedie e al progressivo rialzo dei minimi, elementi tipici di una fase di accumulo piuttosto che di semplice rimbalzo correttivo.
Sul piano dei livelli statici, il supporto primario è individuato in area 1,1547–1,1580, dove si collocano il precedente minimo significativo e la parte bassa del canale rialzista, con un’ulteriore fascia critica più in basso intorno a 1,1525, la cui rottura aprirebbe spazio tecnico verso 1,14 e 1,1345. Le resistenze chiave di breve sono localizzate a 1,1682–1,1715 e, in estensione, 1,1750–1,1765, area che rappresenta il target superiore proiettato dai modelli di prezzo utilizzati in diverse analisi intraday e daily e che, se violata con decisione, aprirebbe il campo a un’estensione più ampia del movimento rialzista.
L’RSI su base daily si mantiene appena sopra la linea di neutralità, in area 50–60, con inclinazione verso l’alto: un segnale di momentum costruttivo, senza condizioni di ipercomprato e con margine per ulteriori allunghi qualora il flusso di notizie macro restasse favorevole. Alcune analisi evidenziano come la recente fase correttiva abbia riportato l’RSI verso la parte bassa del range, da cui sono emersi segnali di “rebound” coerenti con la tenuta del supporto dinamico e del canale rialzista, rafforzando l’idea di acquisti in ingresso sulle debolezze piuttosto che di distribuzione sui massimi.
Sul fronte della price action, il superamento della parte alta di una figura di consolidamento (a struttura simmetrica/triangolare) è stato letto come segnale di forza, con il mercato che ha rotto al rialzo una congestione costruita sopra 1,1500, trasformando quell’area in supporto di medio periodo. Le ultime sedute mostrano corpi relativamente contenuti e ombre sia superiori sia inferiori, tipiche di una fase di consolidamento in prossimità di resistenze: un close deciso sopra 1,1680–1,1715, accompagnato da candela ampia e aumento dei volumi, costituirebbe un pattern di continuazione rialzista credibile, mentre una chiusura debole sotto 1,1580 configurerebbe un potenziale “bull trap” di breve con rischio di ritorno verso i supporti inferiori.
La combinazione di prezzo sopra la MM a 50 giorni, RSI in zona neutrale‑positiva e regressione lineare ascendente delinea uno scenario in cui il bias resta moderatamente rialzista, ma con il cambio ancora intrappolato in un range tecnico ben definito tra 1,1550 e 1,1750. Nel brevissimo, gli esiti di FOMC e dati sul lavoro USA restano il principale driver direzionale: un taglio Fed percepito come dovish, associato a dati occupazionali meno brillanti, favorirebbe estensioni verso la fascia 1,1715–1,1765, mentre un tono più hawkish o dati sorprendentemente forti riaprirebbero il rischio di ritorni verso 1,1580–1,1525.
In ottica più ampia, molte case di ricerca mantengono una view costruttiva sull’euro per il 2025, con proiezioni che indicano possibili estensioni verso 1,19–1,20 in uno scenario di prosecuzione della normalizzazione dei tassi USA e stabilizzazione del quadro macro in Eurozona con inflazione intorno al target. Finché la coppia rimarrà sopra l’area 1,15, la struttura tecnica continuerà a suggerire un contesto di “buy the dip” su debolezze controllate, da calibrare con rigore in funzione di volatilità attesa, posizionamento e calendario macro, con particolare attenzione ai meeting di Fed ed ECB e alle sorprese sui dati inflattivi e sul lavoro.
