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La prima settimana di novembre si è chiusa all’insegna della prudenza dopo il robusto rally di ottobre.
I principali indici azionari globali hanno ritracciato dai massimi plurimensili, riflettendo prese di profitto e l’incertezza in vista delle prossime decisioni di politica monetaria. A Wall Street, l’S&P 500 ha perso circa l’1,1%, il Nasdaq è arretrato dell’1,9% zavorrato dai titoli tecnologici, mentre il Dow Jones ha ceduto lo 0,8%. In Europa, il DAX di Francoforte ha chiuso in calo dell’1,3% e l’Euro Stoxx 50 ha perso l’1%.
Il sentiment generale resta costruttivo ma condizionato dall’incertezza macroeconomica, dal protrarsi dello shutdown federale negli Stati Uniti e dall’approssimarsi dei meeting di fine anno delle principali banche centrali.
In area euro, il PMI manifatturiero di ottobre si è attestato a 50 punti, rientrando finalmente in territorio espansivo e superando le attese di 49,6. La produzione industriale tedesca ha registrato un incremento del 2,9% su base mensile, mentre la bilancia commerciale francese ha mostrato un deficit ridotto a -5,2 miliardi di euro da -5,5, segnalando un lieve miglioramento nel commercio intra-UE.
Negli Stati Uniti, l’ISM manifatturiero si è mantenuto in area espansiva a 52,2 punti, ma i segnali dal mercato del lavoro restano misti: il report ADP sull’occupazione ha battuto le previsioni con +188 mila nuovi impieghi, mentre il Challenger Job Cuts ha mostrato un aumento dei licenziamenti del 14% su base mensile. Tali elementi, uniti alle tensioni legate al blocco delle attività federali, hanno spinto gli investitori verso un atteggiamento più difensivo.
La Cina, invece, ha deluso le attese pubblicando dati deboli sulla bilancia commerciale: l’export di ottobre è sceso del 3,4% su base annua e l’import del 2,1%, penalizzando lo yuan e pesando su gran parte del comparto asiatico. Tokyo ha risentito del rafforzamento dello yen, con il Nikkei 225 in calo dell’1,5% settimanale.
Sul fronte delle banche centrali, la settimana ha evidenziato un quadro di forte divergenza. La Bank of England ha mantenuto i tassi al 4%, segnalando un atteggiamento neutrale ma continuando a esprimere preoccupazione per la tenuta dell’economia britannica e l’inflazione ostinatamente elevata. Al contrario, la Reserve Bank of Australia ha sorpreso con un taglio di 25 punti base al 3,85%, dando avvio a un probabile ciclo espansivo nella regione Asia-Pacifico.
Christine Lagarde ha anticipato che la BCE manterrà un approccio prudente fino alla riunione di dicembre, mentre i rumor di mercato indicano una possibile revisione al ribasso delle stime di crescita 2026 da parte dell’istituto di Francoforte.
Negli Stati Uniti, la Federal Reserve attraversa una fase di aperta divisione interna. Il meeting di ottobre ha registrato due dissensi significativi: il Governatore Miran, favorevole a un taglio di 50 pb, e il Presidente della Fed di Kansas City, Schmid, che ha votato per mantenere invariati i tassi. Jerome Powell ha ribadito che un nuovo taglio a dicembre “non è una conclusione scontata”, descrivendo un contesto “di opinioni fortemente divergenti” all’interno del FOMC.
Intanto lo shutdown del governo federale, giunto al 38° giorno, è ormai il più lungo della storia americana. La mancanza di dati aggiornati del Bureau of Labor Statistics e del Census Bureau limita la trasparenza sullo stato reale dell’economia USA, contribuendo all’aumento della volatilità di breve periodo.
Il settore tecnologico, protagonista del rally del 2025, ha mostrato segnali di affaticamento. I timori relativi alle eccessive valutazioni dei titoli legati all’intelligenza artificiale hanno innescato vendite diffuse su Nvidia, AMD e Meta Platforms, con ribassi settimanali tra il 3% e il 5%. Nonostante gli indici restino vicini ai massimi storici, l’S&P 500 ha registrato il livello più alto di titoli ai nuovi minimi a 52 settimane da aprile, un indicatore della crescente fragilità del mercato e del restringimento della breadth.
L’EURUSD ha attraversato una settimana caratterizzata da un consolidato tono ribassista, oscillando prevalentemente nell’area 1.1540-1.1555, a conferma di una volatilità persistente e di una pressione venditrice che, da fine ottobre, domina la price action sul cross. Il Dollar Index, dopo un tentativo iniziale di breakout oltre la soglia di 100.25 – ostacolato dalla robusta resistenza individuata sui massimi di agosto – ha subito un ritracciamento fino a 99.56, archiviando la settimana con una variazione negativa dello 0,31%. Questa inversione ha rinvigorito i flussi verso il dollaro come asset rifugio, mentre la divergenza tra la politica restrittiva della Federal Reserve e l’approccio più accomodante della Banca Centrale Europea continua a penalizzare l’euro sui mercati globali.
Dal punto di vista tecnico, dopo i massimi recenti in area 1.1730–1.1760 (seconda metà di ottobre), il cambio ha invertito la rotta, scivolando fino ai minimi a 1.1468–1.1481 nelle sedute iniziali di novembre. Attualmente, il cross si muove fra 1.1480 e 1.1560, in una fase di consolidamento a ridosso dei supporti principali, con i prezzi costantemente inferiori alle medie mobili di riferimento e all’ex supporto divenuto ora resistenza a 1.1570–1.1600.
Tale quadro riflette il predominio delle vendite e una tendenza di fondo strutturalmente debole.
Gli indicatori tecnici dipingono uno scenario di equilibrio fragile: l’RSI oscilla nella fascia neutra (42–50), evidenziando una mancanza di direzionalità, mentre oscillatori come MACD e Stocastico producono divergenze che suggeriscono possibili, ma contenute, reazioni tecniche. Sul fronte dei prezzi, la predominanza di candele a corpo ridotto, insieme a molteplici formazioni di doji, segnala indecisione e volatilità contenuta, tipica delle fasi di attesa e di assestamento del trend.
Operativamente, il focus resta sui livelli chiave: il supporto immediato a 1.1470, la cui rottura potrebbe spalancare la strada verso 1.1430 e 1.1400, mentre in caso di rimbalzi sarà determinante osservare l’area di resistenza compresa tra 1.1570 e 1.1600.
Un superamento convinto di quest’ultima fornirebbe il primo segnale di possibile inversione di tendenza, con target successivi a 1.1655 e 1.1730. Nel breve termine, la view mantiene un’impostazione moderatamente ribassista, con la possibilità di brevi correzioni tecniche prima di eventuali nuove discese. In questo contesto, la cautela rimane d’obbligo: la direzionalità debole, i livelli tecnici ben definiti e l’attesa di nuovi spunti macro suggeriscono operatività prudente e reattiva in vista dei futuri catalizzatori di mercato.

Nel mese di novembre 2025, il cambio GBPUSD ha vissuto una fase di marcata debolezza, violando al ribasso l’area di supporto tecnica situata tra 1.3200 e 1.3400.
Questa rottura ha dato nuovo slancio ai venditori, con la sterlina che si è progressivamente riavvicinata alla soglia psicologica di 1.3000. Il tentativo di recupero registrato a ridosso di 1.3140 si è rivelato effimero, trovando come ostacolo una struttura tecnica fortemente improntata al ribasso e le resistenze piazzate tra 1.3200 e 1.3280. Secondo i principali analisti, solo una rottura consistente di 1.3325 annullerebbe provvisoriamente lo scenario negativo.
Dal punto di vista macro, la Bank of England ha lasciato i tassi invariati al 4%, scegliendo l’attesa strategica in vista del prossimo budget del Cancelliere Rachel Reeves il 26 novembre.
Sul piano tecnico, il quadro degli indicatori evidenzia una pressione ribassistapersistente: il prezzo attuale (intorno a 1.3120–1.3160) si colloca ben al di sotto sia della media mobile a 14 giorni (circa 1.326) sia di quella a 50 giorni (in area 1.335–1.340), rafforzando il segnale di debolezza di breve termine. L’RSI a 14 giorni oscilla tra 40 e 45, segnalando assenza di eccessi ma anche una moderata inclinazione negativa, in linea con la prevalenza di candele a corpo ridotto e pattern di consolidamento/indecisione (doji).
Per quanto riguarda i livelli operativi, il supporto chiave di breve a 1.3000 rappresenta l’ultimo baluardo prima di potenziali extension verso 1.2850 e 1.2710. Le resistenze da monitorare si posizionano tra 1.3180 e 1.3250–1.3280; sopra questi, il breakout di 1.3325 costituirebbe un segnale di inversione tecnica con target successivi a 1.3370 e 1.3470. La pendenza della regressione lineare dei prezzi conferma una tendenza moderatamente ribassista, con rischio crescente di ulteriori ribassi in caso di nuove pressioni macro o failure sui supporti strategici.
In sintesi, il cambio GBPUSD si trova in una fase di consolidamento sotto pressione, con la struttura tecnica e il posizionamento degli indicatori che puntano verso ulteriori rischi di discesa. La cautela operativa resta prioritaria, in attesa di possibili breakout sui livelli chiave o di nuovi driver dal fronte macroeconomico.

Al contrario, la divisa ha mostrato scarsa capacità di reazione, riflettendo la pressione esercitata dai timori su crescita e domanda globale, nonché da una Cina ancora debole sotto il profilo commerciale.
Dal punto di vista grafico, la coppia AUDUSD si è mossa in un contesto di persistente lateralità ribassista, incapace di oltrepassare con decisione la cruciale resistenza dinamica rappresentata dal 61,8% di Fibonacci tra 0.6460 e 0.6600, testata più volte negli ultimi mesi.
Ogni tentativo di rialzo si è scontrato con questa barriera, alimentando nuove spinte al ribasso che hanno riportato i prezzi in prossimità dei minimi di periodo.
Gli analisti tecnici mantengono una view orientata verso ulteriori pressioni ribassiste: la violazione dei supporti intermedi tra 0.6470 e 0.6422 aprirebbe la strada a un possibile raggiungimento di 0.6226, livello coincidente con importanti swing low storici e obiettivo naturale di un’estensione negativa.
Sul fronte USDJPY, il dollaro statunitense ha proseguito il percorso di forza, sostenuto dalla divergenza monetaria tra Federal Reserve e Bank of Japan, quest’ultima ancora ancorata a politiche ultra-accomodanti. La coppia si conferma inserita in un solido canale rialzista di medio termine, con il cambio che si è spinto nuovamente in area 155.00. Il momentum resta favorevole ai compratori: le prospettive tecniche, unite alla costante pressione rialzista sui rendimenti USA, suggeriscono un potenziale target a 157.00 nelle prossime settimane.
Dal punto di vista operativo, il supporto intermedio a 152.20 rappresenta il primo livello di controllo; soltanto una discesa sotto questa soglia invaliderebbe lo scenario costruttivo di breve periodo.
In sintesi, la politica monetaria fortemente espansiva della Bank of Japan continua a costituire il principale driver di sostegno al trend rialzista di USDJPY, lasciando aperta la strada a ulteriori massimi nel medio termine.
L'indice del dollaro ha chiuso la settimana a 99.56, in calo dello 0.31%. Dopo un avvio forte, con test della resistenza critica a 100.25 (massimo di agosto), i compratori non sono riusciti a consolidare il breakout. La chiusura di giovedì sotto l'apertura di novembre ha invertito la dinamica, con venditori che hanno preso il controllo puntando verso le inefficienze a 99.30-99.40. Gli analisti identificano 98.40 come area di potenziale rimbalzo più sostanziale in caso di ulteriore debolezza.
Nel mese di novembre 2025, il Dollar Index ha concluso la settimana a quota 99.56, registrando una flessione dello 0,31%.
L’avvio dei mercati era stato promettente, con i compratori impegnati nel test della resistenza critica a 100.25, massimo relativo di agosto; tuttavia, il tentativo di breakout si è rivelato effimero e, complice la chiusura di giovedì inferiore al livello di apertura di novembre, i venditori hanno ripreso il controllo, indirizzando i prezzi verso la fascia di inefficienza tra 99.30 e 99.40. In questo scenario, gli analisti individuano la zona di 98.40 come possibile area di rimbalzo tecnico consistente in caso di ulteriore debolezza.
Nel quadro tecnico dell’ultimo anno, si è assistito a una notevole volatilità, con il Dollar Index dapprima capace di spingersi sui picchi di 109–110 tra fine 2024 e inizio 2025, seguito da una graduale correzione e stabilizzazione nella banda 97–99. L’andamento degli ultimi mesi è stato dominato da una successione di massimi e minimi decrescenti, segno di una pressione ribassista latente che, nonostante brevi fasi laterali, continua a definire la tendenza.
L’osservazione delle medie mobili a 14 e 50 giorni conferma questa impostazione: la media mobile breve si attesta in prossimità dei prezzi correnti, mentre quella a 50 giorni resta più alta a causa delle passate quotazioni elevate, evidenziando come il trend discendente stia progredendo. L’RSI a 14 giorni si posiziona su valori neutri, indicando una fase di indecisione e la mancanza di momentum direzionale forte; questa lettura, associata all’assenza di condizioni di ipercomprato o ipervenduto, rafforza l’idea che il mercato si trovi in attesa di nuovi driver.
Dal punto di vista dei pattern e delle candele giapponesi, si rilevano giornate con lunghe ombre inferiori e chiusure vicine alla parte alta della barra, a segnalare tentativi di recupero temporaneo, puntualmente seguiti da ritorni dei venditori e consolidamento del trend discendente.
La fragilità del movimento rialzista è confermata dalla presenza di massimi e minimi progressivamente più bassi.
I livelli tecnici chiave evidenziano una zona di resistenza strutturale tra 100 e 101, dove il Dollar Index ha incontrato più volte ostacoli a salite ulteriori, e un’area di supporto tra 97 e 98, utilizzata come baluardo nei momenti di maggiore pressione ribassista. La rottura di questi livelli potrebbe definire con maggior precisione la direzione futura del dollaro.
L’analisi della regressione lineare applicata ai prezzi di chiusura mostra una pendenza negativa non eccessivamente accentuata, a riprova di una pressione ribassista costante ma priva di accelerazioni brusche. L’abbinamento con un RSI neutro certifica una debolezza di fondo che, se non accompagnata da cambiamenti macro significativi, potrebbe continuare a caratterizzare il Dollar Index nei mesi a venire.
In sintesi, l’indice del dollaro si trova attualmente in una fase di lateralità con una leggera tendenza ribassista, oscillando principalmente tra i livelli di 97 e 99, con la zona 100–101 sempre sentita come area di resistenza.
La mancanza di volumi significativi e di pattern operativi chiari impongono cautela, suggerendo un approccio prudente e la necessità di attendere segnali più definiti prima di prendere posizione in ottica operativa.

L’oro ha chiuso la settimana con un solido rimbalzo in area 4.016, confermando la forza del canale rialzista ben delineato nelle ultime sedute. Il metallo prezioso continua a beneficiare del ritorno della domanda di beni rifugio, in un contesto globale dominato da incertezze geopolitiche e crescenti rischi di credito nei mercati finanziari.
Dal punto di vista tecnico, le previsioni restano orientate positivamente:
A sostenere la struttura tecnica concorrono due segnali fondamentali: il rimbalzo deciso dalla trendline RSI in un contesto di momentum positivo e la reazione dal limite inferiore del canale rialzista, che sottolinea la solidità del supporto dinamico. Nel breve termine, la combinazione di flussi di acquisto “safe haven” e forza tecnica potrebbe sostenere ulteriori estensioni verso la fascia 4.400-4.565, con eventuali prese di profitto solo nel caso di un ritorno sotto 4.000.
Il Brent ha chiuso in calo intorno ai 65,50 dollari al barile, penalizzato da un rafforzamento dell’offerta e dal sentiment negativo sulle commodity. Il movimento ha confermato la persistenza della pressione ribassista, con la media mobile principale che resta inclinata verso il basso e i prezzi stabilmente sotto i livelli di segnale.
I riferimenti tecnici per la prossima settimana delineano:
Una reazione positiva dall’area di supporto potrebbe preludere a una fase di consolidamento, con potenziale inversione rialzista confermata solo dal superamento della trendline RSI discendente. In caso contrario, la pressione dei venditori potrebbe intensificarsi, riportando il Brent sui minimi di periodo.

Nasdaq
Il Nasdaq ha vissuto una brusca correzione, chiudendo a 23.004,54 punti con una flessione settimanale di circa il 2,8%: si tratta della peggiore performance per l’indice dai timori legati ai dazi osservati in aprile. Nel corso della settimana, il Nasdaq è sceso fino a 22.563, prima che si verificasse un modesto rimbalzo nella sessione finale.
Il sell-off si è concentrato prevalentemente sui titoli dell’intelligenza artificiale e del comparto semiconduttori, con le principali blue-chip del settore che hanno perso tra l’1% e il 3% giornaliero, penalizzate da prese di profitto e tensioni sulle valutazioni.
La rottura del primo supporto minore a 23.100 punti ha aperto spazi verso area 22.950; il successivo rimbalzo ha lasciato inalterata la struttura tecnica, con una resistenza ora ben posizionata a 23.350 e supporto chiave a 22.600.
Dal punto di vista dell’analisi tecnica, la dinamica di medio termine rimane costruttiva: negli ultimi sei mesi, il Nasdaq ha mostrato un trend tendenzialmente rialzista, con una regressione lineare dei prezzi che conferma una pendenza positiva e una forza di fondo moderata.
Le medie mobili a 14 e 50 giorni si sono mantenute sotto i livelli di prezzo recenti, segnalando ancora una predominanza della struttura positiva, pur con momentum attenuato a seguito della correzione.
L’RSI a 14 giorni si attesta su valori neutri-lievemente rialzisti, tra 55 e 60, suggerendo che non sussistono rischi immediati di ipercomprato, ma che il mercato è in una posizione di potenziale stabilizzazione. L’analisi dei volumi vede il loro incremento durante le fasi di forte volatilità, principalmente nei giorni di correzione marcata e in prossimità dei livelli tecnici chiave.
Le escursioni giornaliere sono state ampie, e l’osservazione di candele con lunghe ombre inferiori, pattern di hammer e engulfing conferma il sentiment misto: una transizione dal pessimismo immediato verso un tentativo di recupero. Il quadro grafico evidenzia una volatilità superiore alla media, con rischi di nuovi ribassi qualora dovesse essere violato il supporto in area 22.600; al contrario, solo una chiusura sopra 23.350 consoliderebbe la ripresa e potrebbe aprire la strada verso i massimi di periodo.
In sintesi, il Nasdaq si trova attualmente in una fase di correzione dentro un trend rialzista di fondo. Il mercato mostra segnali di nervosismo su settori tecnologici innovativi, ma la tenuta dei livelli chiave mantiene aperte le possibilità di rimbalzi e recuperi, a condizione che i compratori riescano a difendere le soglie tecniche citate. Il monitoraggio di medie mobili, RSI, volumi e pattern grafici resta determinante per valutare le prossime evoluzioni dell’indice.

Nel corso della prima settimana di novembre 2025, l’indice S&P 500 ha chiuso a 6.728,80 punti, registrando una flessione del 1,6% rispetto ai livelli della settimana precedente. Nonostante un lieve rimbalzo nella seduta di venerdì (+0,1%), il mercato ha evidenziato un chiaro esaurimento del momentum rialzista, incapace di consolidare le quotazioni sopra la fondamentale soglia tecnica di 6.750 punti.
Questo indebolimento ha segnato una pausa della corsa ascendente avviata nei primi giorni di ottobre, con il mercato che ora mostra segnali di consolidamento e attenzione all’eventuale rotazione settoriale.
L’analisi del quadro tecnico, aggiornata ai dati recenti, conferma una struttura di medio termine ancora costruttiva: la media mobile a 50 giorni (6.670 punti circa) mantiene il proprio posizionamento sopra quella a 200 giorni, delineando un setup rialzista che funge da sostegno alla tendenza di fondo.
Tuttavia, la media mobile a 14 giorni si avvicina ai prezzi correnti (6.780–6.800), suggerendo una progressiva compressione dei margini di crescita. In parallelo, l’RSI a 14 giorni si è appiattito intorno a quota 55, segnale inequivocabile di un entusiasmo in fase calante e di una forza degli acquirenti ormai più contenuta.
Tale scenario è corroborato da oscillazioni giornaliere significative ma prive di eccessiva volatilità, e da volumi di scambio in aumento a ridosso dei principali livelli tecnici, con valori che si posizionano tipicamente tra 180.000 e 300.000 unità.
L’analisi dei pattern candlestick rivela elementi di inversione e continuazione nel trend: durante la fase di ribasso di aprile si sono affacciati “engulfing bearish” che hanno anticipato la successiva ripresa, mentre in tempi più recenti candele dalla struttura compatta e ombre bilanciate confermano la fase di consolidamento in atto. Sul fronte operativo, il supporto principale si colloca tra 6.400 e 6.500 punti, area che ha già dimostrato solide capacità di contenimento durante le correzioni; la resistenza invece resta tra 6.800 e 6.900 punti, zona di multipli tentativi di rottura, oltre la quale un superamento deciso rappresenterebbe il segnale di una possibile ripresa del trend rialzista.
A completamento del quadro, la regressione lineare applicata ai prezzi di chiusura continua a mostrare una pendenza positiva, certificando una solidità strutturale del trend, seppur priva di accelerazioni particolarmente forti negli ultimi giorni. In sintesi, il S&P 500 si presenta in una fase di consolidamento ad alta quota, con una prospettiva rialzista di fondo supportata dai principali indicatori tecnici, ma con il mercato che attende nuovi catalizzatori economici e macrofinanziari prima di tentare ulteriori allunghi.
La vigilanza sui livelli chiave di 6.400–6.500 per i supporti e 6.800–6.900 per le resistenze si conferma dunque strategica per interpretare le prossime evoluzioni dell’indice.

L’impennata del VIX rappresenta un chiaro segnale di tensione. Il volume settimanale sul Nasdaq è stato superiore del 15% rispetto alla media mobile a 30 giorni, indicando un riposizionamento da parte degli investitori istituzionali. La divergenza tra l’S&P 500, vicino ai massimi storici, e il numero crescente di titoli ai minimi a 52 settimane, suggerisce una biforcazione preoccupante nella struttura del mercato.
Il gruppo delle Magnifiche 7 – Apple, Microsoft, Amazon, Alphabet, Meta, Nvidia e Tesla – ha subito una correzione significativa. Queste aziende rappresentano circa un terzo della capitalizzazione dell’S&P 500 e hanno guidato l’82% dei guadagni del gruppo nel 2025. Tuttavia, la settimana ha mostrato una netta inversione:
Nvidia ha registrato il secondo peggior calo tra le Magnifiche 7, chiudendo a 188,15 dollari con una perdita del 9,05% sulla settimana. Nonostante abbia recentemente superato i 5 trilioni di dollari di capitalizzazione di mercato, diventando la prima azienda nella storia a raggiungere tale traguardo, il titolo ha subito una correzione significativa.
La società ha annunciato investimenti di 100 miliardi di dollari in OpenAI, che a sua volta si è impegnata ad acquistare i suoi chip ad alte prestazioni. Questo rappresenta un esempio di "vendor financing circolare" che sta sostenendo il boom AI ma genera interrogativi sulla sostenibilità economica del modello. Gli investitori iniziano a fare domande difficili: Nvidia sta finanziando i suoi stessi clienti per garantire che questi acquistino i suoi chip? Se è così, quanto è reale la domanda sottostante?
Con Nvidia che rappresenta l'8% della capitalizzazione totale dell'S&P 500, le preoccupazioni sulla valutazione hanno generato effetti moltiplicatori su tutto il mercato.

L'indice europeo ha chiuso la settimana a 5.566,53 punti, registrando un calo dell'1,98%. La seduta di venerdì ha visto un'inversione dei guadagni iniziali, con l'indice che ha chiuso in forte ribasso dello 0,83%. Il sentiment è rimasto debilitato dalle persistenti preoccupazioni sulle valutazioni dei titoli AI e da una serie di aggiornamenti societari negativi.
Sul fronte mensile, l'indice ha perso l'1,58%, sebbene mantenga un guadagno del 15,78% su base annuale. Implicazioni tecniche di medio periodo rimangono rialziste, mentre sul breve periodo l'indebolimento della spinta rialzista segnala difficoltà a procedere oltre quota 5.703, con supporto più immediato in area 5.659.
Tra i principali contributori negativi, Rightmove è crollato di quasi il 12% toccando il fondo dello STOXX 600 dopo aver avvertito che la crescita dei ricavi sarà probabilmente piatta nel 2026. Questo rappresenta un segnale di deterioramento della fiducia nei settori non-tecnologici europei.
L'indice tedesco ha chiuso a 23.569,96 punti, con una perdita settimanale del 2,33%. Venerdì il DAX ha registrato un calo dello 0,69%, scendendo ai minimi dal 25 settembre e estendendo le perdite del giorno precedente. Il sentiment globale è stato appesantito dalle preoccupazioni sulle valutazioni elevate dei titoli legati all'AI e dall'incertezza macroeconomica e monetaria persistente durante il prolungato shutdown del governo USA.