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Si è chiusa a Wall Street una settimana densa di volatilità, in cui i listini USA hanno alternato rimbalzi veementi e prese di profitto, lasciando però un bilancio complessivamente interlocutorio: su base settimanale il Nasdaq ha ceduto circa mezzo punto percentuale, mentre S&P 500 e Dow Jones sono riusciti a strappare piccoli guadagni, rispettivamente intorno allo 0,1% e 0,3%, dopo il rally trainato dai big tech di inizio ottava.
Sullo sfondo continua a pesare il lungo shutdown del governo federale, insieme a dati sul lavoro più deboli delle attese e a un crescente posizionamento del mercato su un taglio dei tassi Fed a dicembre, elementi che hanno alimentato violente rotazioni settoriali e un sentiment alterno tra ricerca di rischio e improvvisi rifugi difensivi.
Forex, il dollaro – reduce da un ottobre brillante – ha iniziato la settimana in forza per poi perdere slancio, con l’indice Dollar Index DXY respinto dall’area psicologica 100 e l’euro che ne ha approfittato per riportarsi stabilmente sopra quota 1,16, mentre lo yen resta sotto pressione in attesa di eventuali interventi della Bank of Japan.
Sul fronte delle materie prime, l’oro ha avviato una fase di consolidamento dopo i massimi storici di ottobre, scivolando verso area 4.100 dollari l’oncia con una correzione di oltre il 2% nella seduta di venerdì, mentre il comparto energetico ha visto un petrolio ancora intrappolato in un range ristretto e un gas naturale sostenuto dalle attese di domanda in crescita.
Un contesto, in sintesi, che lascia i mercati in faticosa ricerca di direzionalità tra valutazioni ancora tese, narrativa sull’intelligenza artificiale sempre protagonista e una politica monetaria USA tornata al centro del gioco, preparando il terreno a un finale d’anno potenzialmente ricco di sorprese su azioni, valute e materie prime
EUR/USD: Analisi Tecnica e Scenario Macro (10–15 novembre 2025)
Nella settimana compresa tra il 10 e il 15 novembre 2025, il cambio EUR/USD ha mantenuto una dinamica fragile, oscillando attorno a quota 1,1620 e confermando la prevalenza di pressioni ribassiste. Dopo un minimo registrato a 1,1468, il tentativo di recupero si è arrestato in prossimità della media mobile a 21 giorni, collocata nell’area 1,1590–1,1600, che ha agito da resistenza dinamica. Anche la media mobile a 50 giorni ha proseguito la sua inclinazione negativa, rafforzando il quadro tecnico sfavorevole, mentre la media a 200 giorni rimane distante, in area 1,17–1,18, segnalando che la tendenza di medio periodo resta orientata al ribasso. Sul fronte degli indicatori di momentum, l’RSI a 14 periodi si è mantenuto in fascia neutra (44–46), evidenziando debolezza di spinta e assenza di segnali di ipervenduto, mentre l’ADX ha confermato la scarsa direzionalità del trend. I livelli tecnici di riferimento restano i supporti a 1,1520–1,1460–1,1390 e le resistenze a 1,1610–1,1690–1,1770, con la fascia critica di 1,1600–1,1620 che continua a rappresentare il discrimine tra consolidamento e potenziale rimbalzo.
Il contesto macro ha contribuito a rafforzare il dollaro: la settimana è stata segnata dal parziale shutdown del governo USA e dall’attesa per i dati sull’inflazione, mentre l’assenza di aggiornamenti sul mercato del lavoro ha alimentato l’incertezza. La divergenza tra le politiche monetarie di Federal Reserve e BCE rimane il principale driver del cambio, con gli operatori che valutano la possibilità di ulteriori strette da parte della Fed a fronte di una BCE più cauta. In sintesi, il quadro tecnico e fondamentale conferma un bias ribassista sotto quota 1,1600, con margini di volatilità che richiedono prudenza operativa e gestione del rischio accurata.
EUR/USD: scenario e previsioni per la prossima settimana
Le analisi tecniche e fondamentali più recenti indicano per la prossima settimana un bias leggermente rialzista su EUR/USD, con possibilità di estensione verso l’area 1,17, pur all’interno di un contesto ancora volatile e facilmente soggetto a correzioni.
La coppia chiude il weekend intorno a 1,16 (fix BCE a 1,1648 il 14 novembre) dopo un mese di scambi laterali tra circa 1,1570 e 1,1810, segnando una forza moderata dell’euro senza però alcun breakout direzionale definito.
Dal punto di vista tecnico, le principali case di analisi individuano un supporto rilevante tra 1,1490 e 1,1565, con particolare attenzione ai livelli 1,1535–1,1550, dove potrebbero emergere nuovi acquisti in caso di ritracciamento.
Alcuni scenari prevedono una correzione iniziale verso 1,1565, seguita da un nuovo impulso rialzista con target potenziali in area 1,1775–1,18.
Al contrario, un ritorno sotto 1,1465 metterebbe in discussione lo scenario positivo, aprendo spazio a discese più marcate. La zona 1,17 resta la prima resistenza significativa, oltre la quale i modelli più aggressivi spingono il potenziale fino a 1,18–1,20 in caso di indebolimento marcato del dollaro.
Lo scenario di base indica un trend primario moderatamente rialzista ma in fase correttiva, con strategie di “buy on dip” finché i supporti rimarranno intatti in area 1,15. Tuttavia, l’assenza di massimi crescenti e la possibile rottura della trendline rialzista da giugno rendono ancora plausibile, nel medio periodo, un ritorno verso livelli molto più bassi fino a 1,08, qualora il dollaro recuperasse forza.
Per la prossima settimana, lo scenario più probabile è quindi una fascia di oscillazione rialzista tra circa 1,1550 e 1,1750, con l’esito fortemente condizionato dai dati macro USA e dalle comunicazioni della Fed, che potrebbero rapidamente spostare il sentiment.
Gli operatori monitoreranno in particolare la tenuta dell’area 1,1490–1,1565 come discriminante tra una correzione tecnica e un indebolimento strutturale dell’euro, le reazioni in prossimità di 1,17–1,18 dove sono attese prese di profitto e possibili picchi di volatilità, e le pubblicazioni macro statunitensi, che in caso di sorpresa “hawkish” potrebbero rafforzare il dollaro riportando EUR/USD verso la parte bassa del range. Queste indicazioni restano naturalmente scenari probabilistici e non costituiscono raccomandazioni operative, poiché il cambio può reagire in modo improvviso a notizie inattese o variazioni del sentiment globale.

Nella settimana compresa tra il 10 e il 15 novembre 2025 il cambio GBP/USD ha mostrato un andamento contrastato, oscillando tra un minimo a 1,3016 e un massimo a 1,3165, con chiusura finale a 1,3168. La sterlina ha tentato un recupero tecnico, sostenuta da un temporaneo arretramento del dollaro, ma la struttura rimane fragile: la media mobile a 21 giorni si è confermata come resistenza dinamica nell’area 1,3140–1,3160, mentre la media a 50 giorni ha mantenuto inclinazione negativa e la media a 200 giorni, collocata sopra quota 1,33, continua a segnalare un trend di medio periodo ribassista. Sul fronte degli indicatori, l’RSI a 14 periodi si è mantenuto in zona neutra (45–48), senza segnali di ipervenduto, e l’ADX ha evidenziato scarsa direzionalità, confermando la prevalenza di movimenti laterali. I livelli tecnici di riferimento restano i supporti a 1,3015–1,2850–1,2740 e le resistenze a 1,3180–1,3250–1,3370, con la fascia critica di 1,3140–1,3160 che rappresenta il discrimine tra consolidamento e prosecuzione ribassista.
Il contesto macroeconomico ha inciso in modo significativo: in Regno Unito l’attenzione è stata rivolta ai dati sul mercato del lavoro, con un tasso di disoccupazione atteso in lieve aumento al 4,9%, e alle stime di rallentamento del PIL britannico di settembre (1,1% su base annua). La Bank of England ha mantenuto i tassi invariati, sottolineando la persistenza delle pressioni inflazionistiche, mentre le dichiarazioni politiche su possibili aumenti fiscali hanno alimentato incertezza.
Sul fronte USA, il dollaro ha beneficiato del clima di avversione al rischio e delle attese sui dati inflattivi, rafforzando la pressione sulla sterlina. In sintesi, il quadro tecnico e fondamentale conferma un bias ribassista sotto quota 1,3180, con margini di volatilità che richiedono prudenza operativa e gestione del rischio accurata.
Le ultime analisi su GBP/USD per la prossima settimana indicano uno scenario correttivo ma ancora fragile, con possibilità di rimbalzo verso l’area 1,3250 1,3250– 1,33 inserita però in un quadro di medio termine che resta inclinato al ribasso. La sterlina arriva infatti da alcune settimane di pressione venditrice, con il cambio che ha disegnato una potenziale figura di doppio massimo in area 1,3150 1,3150 – 1,32 e fatica a consolidarsi sopra i massimi di breve nonostante il recente indebolimento del dollaro USA.
Diverse analisi individuano come zona pivot cruciale il corridoio 1,31301,3130–1,31801,3180, che sta agendo da resistenza dinamica di breve: sopra tale fascia si aprirebbe spazio per estensioni verso 1,32501,3250–1,33151,3315.
I principali scenari di analisi tecnica vedono un test della resistenza in area 1,33 come possibile punto di esaurimento della correzione, da cui potrebbe ripartire una nuova gamba ribassista con obiettivi compresi tra 1,2930 e 1,2740, mentre solo un superamento deciso di 1,3550 – 1,36 metterebbe seriamente in discussione il quadro discendente.
Sul lato dei supporti, area 1,3060 – 1,3010 rappresenta il primo baluardo di breve, sotto cui tornerebbero nel mirino i recenti minimi di inizio novembre in zona 1,3020 e, più in basso, area 1,29.
Il consenso tra molte case è per una settimana laterale-ribassista, con una fase iniziale di rimbalzo tecnico favorita da un dollaro strutturalmente più debole, ma con prevalenza di strategie di vendita sui rialzi finché il cambio resterà sotto 1,33–1,335.
L’impostazione grafica di fondo resta condizionata dalla rottura di importanti supporti di medio periodo e da indicatori che mostrano un momentum da neutro a lievemente ribassista, lasciando aperta la possibilità di nuove discese verso l’area 1,29 e, in estensione, verso il corridoio 1,281,28–1,27401,2740 in caso di sorprese “hawkish” da parte della Fed o dati macro USA migliori delle attese.
Al contrario, un inatteso mix di dati deboli USA e toni più prudenti dalla banca centrale americana, unito a segnali meno dovish dalla Bank of England, potrebbe alimentare un recupero più deciso della sterlina, con target progressivi verso 1,34 – 1,35.
Gli operatori seguiranno soprattutto: la reazione del cambio in area 1,3130 – 1,3180 dove si concentrano resistenze orarie e giornaliere, come discriminante tra semplice rimbalzo e recupero più strutturato.
Saranno inoltre cruciali eventuali ritorni sotto area 1,3060 – 1,3010 che confermerebbero la pressione ribassista e aumenterebbero il rischio di accelerazioni verso i minimi di inizio mese e il range 1,2930 – 1,29 Infine, la combinazione tra dati macro UK e USA, sviluppi sul fronte del bilancio pubblico britannico e l’evoluzione del sentiment globale sul rischio resterà il driver principale della direzione di GBP/USD nella prossima ottava, con la possibilità di improvvisi spike di volatilità in corrispondenza delle principali uscite di calendario.

Nella settimana compresa tra il 10 e il 15 novembre 2025 l’indice Nasdaq 100 ha mostrato un andamento volatile ma complessivamente orientato al consolidamento, con chiusura in area 25.612 punti il 10 novembre. Dopo un recupero dai minimi di inizio mese, l’indice ha oscillato all’interno di un trend rialzista di lungo periodo, ma con segnali di debolezza nel breve termine. La media mobile a 21 giorni ha fornito supporto dinamico in area 25.500–25.700, mentre la media a 50 giorni ha mantenuto inclinazione positiva, confermando la struttura rialzista di medio periodo. La media a 200 giorni, collocata sopra i 26.000 punti, resta un riferimento cruciale per valutare la sostenibilità del trend.
Sul fronte degli indicatori di momentum, l’RSI a 14 periodi ha evidenziato una divergenza negativa rispetto al prezzo, segnalando rischio di correzione nonostante il quadro tecnico complessivamente positivo. L’ADX ha mostrato valori moderati, indicando un trend in rafforzamento ma non ancora in fase di accelerazione. I livelli tecnici di riferimento restano i supporti a 25.765–25.557 punti e le resistenze a 26.150–26.535 punti, con la fascia critica di 26.000–26.150 che rappresenta il discrimine tra consolidamento e prosecuzione del movimento rialzista.
Il contesto macro ha inciso in modo significativo: la settimana è stata caratterizzata da attese sui dati di inflazione USA e dalle discussioni legate al parziale shutdown del governo, fattori che hanno alimentato volatilità e avversione al rischio. Nonostante ciò, il comparto tecnologico ha beneficiato di una rinnovata fiducia degli investitori, sostenuta dalle prospettive di crescita nel settore dell’intelligenza artificiale e dai risultati trimestrali positivi di alcune big tech. In sintesi, il quadro tecnico e fondamentale conferma un bias rialzista di lungo periodo, ma con segnali di possibile correzione nel breve, che richiedono prudenza operativa e gestione del rischio accurata.
Le indicazioni più recenti delineano per il Nasdaq una settimana di consolidamento volatile, con un bias ancora moderatamente rialzista di medio periodo ma inserito in una fase correttiva innescata dalla presa di profitto sui titoli tecnologici più cari e dal ridimensionamento delle aspettative di taglio dei tassi Fed.
L’indice Nasdaq arriva al weekend intorno a 24.800 punti, in calo di circa lo 0,5% negli ultimi cinque giorni ma comunque con un progresso di quasi il 19% da inizio anno, segnale che il trend primario resta costruttivo nonostante la flessione di breve.
Sul fronte tecnico, per il Nasdaq le analisi indicano un primo supporto rilevante in area 23.180 punti e una resistenza intermedia attorno a 23.700 punti, zona che ha già contenuto un recente rimbalzo.
Per il Nasdaq i prezzi ruotano attorno ai 24.800 punti dopo una settimana negativa, con i massimi di area 25.600 punti della seduta del 10 novembre che rappresentano la principale resistenza di breve e riferimento per misurare la forza di eventuali recuperi.
Finché i corsi resteranno sopra i minimi recenti e sopra l’area di supporto di medio periodo, lo scenario preferito rimane quello di una correzione dentro un trend rialzista più ampio, piuttosto che l’avvio di un’inversione strutturale.
Lo scenario di consenso è per una settimana laterale con possibili rimbalzi verso le resistenze, ma con rischi di nuove ondate di vendita sul comparto tech se dovessero riaccendersi i timori su valutazioni e utili futuri, come già visto nel recente sell-off sui titoli legati all’intelligenza artificiale.
Le ultime sedute hanno mostrato forti escursioni intraday, con il Nasdaq più debole rispetto a S&P 500 e Dow, a conferma di un mercato che sta riprezzando la combinazione tra tassi “più alti per più a lungo” e forte concentrazione dei rialzi su poche mega-cap. In questo contesto, sorprese “hawkish” dalla Fed o dati macro USA più solidi del previsto potrebbero alimentare ulteriori prese di beneficio sugli asset growth, mentre segnali di rallentamento economico troppo marcato solleverebbero il rischio di un repricing più profondo del settore tecnologico.
Reazione dei prezzi del Nasdaq in area 25.000–25.600 punti, fascia di massimi recenti che separa un semplice rimbalzo tecnico da un tentativo di ripresa più strutturata del trend rialzista. Tenuta dei supporti del Nasdaq intorno a 23.180 punti, la cui rottura aumenterebbe il rischio di un’accelerazione ribassista verso livelli più profondi di correzione.

Nella settimana compresa tra il 10 e il 15 novembre 2025 l’indice S&P 500 ha mostrato un andamento di consolidamento, con chiusura in area 5.185 punti il 14 novembre. Dopo un avvio incerto, l’indice ha recuperato parte delle perdite grazie alla resilienza del comparto tecnologico e ai risultati trimestrali positivi di alcune società a larga capitalizzazione. La media mobile a 21 giorni ha fornito supporto dinamico in area 5.150–5.170, mentre la media a 50 giorni ha mantenuto inclinazione positiva, confermando la struttura rialzista di medio periodo. La media a 200 giorni, collocata sopra i 5.000 punti, continua a segnalare un trend di lungo periodo solido e ben impostato.
Sul fronte degli indicatori di momentum, l’RSI a 14 periodi si è mantenuto in zona neutra (circa 52–54), evidenziando equilibrio tra pressioni rialziste e ribassiste, senza segnali di ipercomprato. L’ADX ha mostrato valori moderati, indicando un trend in rafforzamento ma non ancora in fase di accelerazione. I livelli tecnici di riferimento restano i supporti a 5.150–5.100–5.050 punti e le resistenze a 5.220–5.280–5.350 punti, con la fascia critica di 5.200–5.220 che rappresenta il discrimine tra consolidamento e prosecuzione del movimento rialzista.
Il contesto macro ha inciso in modo significativo: la settimana è stata segnata dal parziale shutdown del governo USA e dall’attesa per i dati sull’inflazione, elementi che hanno alimentato volatilità e avversione al rischio. Tuttavia, la prospettiva di una possibile revisione della politica monetaria della Federal Reserve, con ipotesi di taglio dei tassi nei prossimi mesi, ha sostenuto il sentiment degli investitori. In sintesi, il quadro tecnico e fondamentale conferma un bias rialzista di lungo periodo, ma con segnali di consolidamento nel breve, che richiedono prudenza operativa e gestione del rischio accurata.
Le analisi più recenti sullo S&P 500 delineano per la prossima settimana uno scenario di consolidamento ad alta quota , con bias leggermente rialzista e oscillazioni previste grosso modo nel corridoio 6,750 – 7,000 punti, in linea con le proiezioni che vedono valori medi giornalieri in lenta crescita rispetto a metà novembre. L’indice arriva da una fase di ritracciamento contenuto dopo i massimi storici, ma il trend di fondo rimane strutturalmente positivo, sostenuto da utili nel complesso migliori delle attese e da un sentiment che, pur più cauto, non ha ancora invertito in direzione marcatamente ribassista.Le proiezioni quantitative per la settimana che si apre il 17 novembre indicano valori guida intorno a 6,870 punti per lunedì e un progressivo tentativo di estensione verso l’area 6,900 – 6,975 tra martedì e mercoledì, con massimi teorici fin sopra 7,000 punti nelle sedute centrali. In questo contesto, la zona 6,750 – 6,800 resta il primo supporto dinamico di breve: la tenuta di quest’area confermerebbe l’ipotesi di semplice consolidamento, mentre una rottura decisa al ribasso aprirebbe spazio a discese verso i minimi di inizio mese in area 6,520 – 6,550. Sul lato delle resistenze, i massimi previsti a 7,010 – 7,090 punti rappresentano la fascia oltre cui il mercato dovrebbe mostrare nuovo momentum per poter parlare di vera accelerazione rialzista, anziché di un semplice “overshoot” di breve.
Lo scenario di base disegnato da diversi modelli e commenti tecnici è quello di una settimana laterale-rialzista, caratterizzata da piccoli avanzamenti e rapide fasi di presa di profitto, coerente con un mercato che ha già corso molto e sta metabolizzando valutazioni elevate. Le analisi recenti sottolineano come la precedente inversione al rialzo dallo storico livello di supporto (coincidente con un importante massimo passato e la media mobile a 5050 giorni) abbia rilanciato il trend, ma con candele e pattern che segnalano un potenziale rallentamento della spinta man mano che ci si riavvicina ai massimi assoluti. I principali rischi per questo quadro riguardano eventuali sorprese “hawkish” sul fronte Fed o dati macro USA insolitamente robusti, che potrebbero riportare la curva dei rendimenti a pesare sul segmento growth e spingere lo S&P 500 verso la parte bassa del range previsto.
Cosa monitorare in pratica
Queste rimangono indicazioni probabilistiche basate su modelli previsivi e analisi tecniche, non raccomandazioni operative: il quadro può cambiare rapidamente in presenza di shock macro o di sorprese sugli utili delle large cap che dominano la capitalizzazione dell’indice

Nella settimana compresa tra il 10 e il 15 novembre 2025 l’indice della volatilità VIX ha registrato un incremento significativo, portandosi in area 19,08 punti. Dopo settimane di relativa stabilità sotto quota 17, il movimento ha segnalato un ritorno della tensione sui mercati, innescato dal parziale shutdown del governo USA e dall’attesa per i dati sull’inflazione. La rottura della soglia psicologica dei 18 punti ha rappresentato un segnale di allerta per gli operatori, con la media mobile a 21 giorni che ha virato al rialzo e la media a 50 giorni che ha confermato un’inclinazione positiva, rafforzando il quadro di crescente avversione al rischio.
Sul fronte degli indicatori di momentum, l’RSI a 14 periodi si è spinto oltre quota 60, evidenziando un’accelerazione rialzista e avvicinandosi alla zona di ipercomprato. L’ADX ha mostrato valori in aumento, segnalando la formazione di un trend direzionale più solido rispetto alle settimane precedenti. I livelli tecnici di riferimento restano i supporti a 17,50–16,80 punti e le resistenze a 19,50–20,80 punti, con la fascia critica di 19–20 che rappresenta il discrimine tra consolidamento e ulteriore escalation della volatilità.
Il contesto macro ha amplificato i movimenti del VIX: l’incertezza politica negli Stati Uniti e le aspettative di una possibile revisione della politica monetaria della Federal Reserve hanno alimentato la domanda di strumenti di copertura. In sintesi, il quadro tecnico e fondamentale conferma un bias rialzista di breve periodo, con il superamento di quota 19 che apre la strada a possibili estensioni verso area 21–22, richiedendo prudenza operativa e strategie di gestione del rischio più difensive.

Nella settimana compresa tra il 10 e il 15 novembre 2025 il prezzo del petrolio WTI ha consolidato sopra quota 60 dollari al barile, ma ha incontrato una resistenza significativa nell’area 61,50–62,00 dollari, che ha impedito ulteriori estensioni rialziste. La media mobile a 21 giorni ha agito da resistenza dinamica, mentre la media a 50 giorni ha mantenuto inclinazione negativa, confermando la fragilità del quadro tecnico di medio periodo. La media a 200 giorni, collocata in area 65 dollari, resta un riferimento cruciale per valutare la sostenibilità di eventuali rimbalzi. Sul fronte degli indicatori, l’RSI a 14 periodi si è mantenuto in zona neutra (47–49), segnalando momentum debole e assenza di ipercomprato o ipervenduto, mentre l’ADX ha evidenziato scarsa forza direzionale, coerente con la fase di consolidamento. I livelli tecnici di riferimento restano i supporti a 60,00–58,50–56,80 dollari e le resistenze a 61,50–62,00–65,00 dollari, con la fascia critica di 61,50–62,00 che rappresenta il discrimine tra consolidamento e possibile ripresa verso area 65.
Il contesto macro ha contribuito a mantenere il mercato in equilibrio: secondo l’Oil Market Report dell’IEA del 13 novembre 2025, la domanda globale di petrolio è cresciuta di 920 mila barili al giorno nel terzo trimestre, trainata da Cina e Stati Uniti, mentre l’offerta ha registrato un calo mensile di 440 mila barili al giorno per effetto delle riduzioni OPEC+. Tuttavia, le scorte mondiali sono aumentate di oltre 77 milioni di barili a settembre, segnalando squilibri tra domanda e offerta. In Europa e Asia i margini di raffinazione hanno toccato un massimo biennale, mentre il greggio del Mare del Nord è sceso a 62 dollari al barile, minimo da quattro anni. In sintesi, il quadro tecnico e fondamentale conferma un bias neutrale-ribassista sotto quota 62 dollari, con opportunità di acquisto solo su rottura confermata della resistenza e target a 65 dollari, mentre vendite su respinti da 61,50 mantengono obiettivi a 58,50.
Per la prossima settimana sul petrolio si delinea uno scenario laterale-debole, con il WTI atteso in oscillazione nell’area 5959–6161 dollari al barile e il Brent ancorato tra 6363 e 6565, in un contesto in cui prevale ancora la logica di “sell on rallies” finché non verranno violate al rialzo le resistenze tecniche più ravvicinate. Sul WTI i primi ostacoli passano in area 60,07 e 61,26, con supporti a 59,00 e 58,50, mentre sul Brent i compratori difendono la fascia 60,25 – 63 contro una struttura grafica ancora discendente che vede resistenze a 64,15 – 66,45.
Il quadro fondamentale resta fragile per l’aumento delle scorte statunitensi e per le prospettive di surplus nel 2025, fattori che comprimono l’ampiezza dei rimbalzi nonostante gli impulsi rialzisti legati alle tensioni geopolitiche e all’eventualità di nuove sanzioni sull’export energetico russo. I principali driver da monitorare saranno quindi i dati settimanali su scorte USA, l’evoluzione della domanda globale nelle stime delle agenzie energetiche e la reazione dei prezzi sulle soglie tecniche chiave (WTI 60,07 - 61,26 e Brent 64,15 – 66,45), che faranno da discriminante tra semplice rimbalzo correttivo e tentativo di recupero più strutturato.
Per l’oro la prossima settimana si profila una fase di consolidamento dopo il violento storno di venerdì, con l’oro che oscilla intorno a 4.090–4.150 dollari l’oncia in ritracciamento dai massimi storici oltre 4.350 toccati a fine ottobre. Il metallo giallo resta comunque inserito in un trend di fondo fortemente rialzista, con un guadagno di oltre il 50% da inizio anno sostenuto da tassi reali ancora compressi, aspettative di tagli Fed nel 2025 e rinnovate tensioni geopolitiche che alimentano la domanda di beni rifugio.
Nel breve, l’area 4.050–4.000 dollari rappresenta il primo supporto tecnico rilevante, sotto cui si aprirebbe spazio verso 3.900–3.850, mentre sul lato superiore le resistenze immediate passano per 4.180–4.220 e poi per la fascia dei massimi storici in zona 4.350. Lo scenario di base è quello di una settimana laterale con bias moderatamente rialzista, in cui eventuali fasi di risk-off o un ulteriore indebolimento del dollaro potrebbero favorire nuovi tentativi di allungo, mentre un tono più aggressivo della Fed e un rimbalzo dei rendimenti reali rappresentano i principali fattori di rischio ribassista.

Nella settimana compresa tra il 10 e il 15 novembre 2025 il prezzo dell’oro ha mantenuto una configurazione di consolidamento dopo i massimi registrati nel primo semestre oltre i 4.250 dollari l’oncia, con chiusura in area 4.009 dollari il 14 novembre. La fase laterale ha visto oscillazioni giornaliere tra 3.981 e 4.035 dollari, confermando la difficoltà del metallo prezioso a superare la fascia critica di 4.135–4.155 dollari, che rappresenta il discrimine tra prosecuzione del trend rialzista e rischio di correzione. La media mobile a 21 giorni ha agito da resistenza dinamica, mentre la media a 50 giorni ha mantenuto inclinazione positiva, segnalando che la struttura di medio periodo resta solida. La media a 200 giorni, collocata sopra i 3.900 dollari, continua a fornire supporto strutturale al trend di lungo periodo. Sul fronte degli indicatori, l’RSI a 14 periodi si è mantenuto in zona neutra (circa 52–55), evidenziando equilibrio tra pressioni rialziste e ribassiste, mentre l’ADX ha mostrato valori moderati, coerenti con un trend in consolidamento.
Il contesto macro ha rafforzato il ruolo dell’oro come bene rifugio: la settimana è stata segnata dal parziale shutdown del governo USA, dalle attese sui dati di inflazione e dalle tensioni geopolitiche, fattori che hanno alimentato la domanda di asset difensivi. La crescente allocazione da parte delle banche centrali e i flussi record negli ETF hanno confermato l’oro come strumento di protezione contro l’instabilità valutaria e l’eccessiva concentrazione del mercato azionario USA. In sintesi, il quadro tecnico e fondamentale conferma un bias rialzista di lungo periodo, ma con segnali di consolidamento nel breve: solo una rottura decisa della fascia 4.135–4.155 dollari potrà indirizzare con vigore il prossimo movimento, mentre respinti da tale area manterranno obiettivi di ritorno verso 3.950–3.900 dollari.
Per l’oro la prossima settimana si profila una fase di consolidamento dopo il violento storno di venerdì, con il future GC che oscilla intorno a 4.090–4.150 dollari l’oncia in ritracciamento dai massimi storici oltre 4.350 toccati a fine ottobre. Il metallo giallo resta comunque inserito in un trend di fondo fortemente rialzista, con un guadagno di oltre il 50% da inizio anno sostenuto da tassi reali ancora compressi, aspettative di tagli Fed nel 2025 e rinnovate tensioni geopolitiche che alimentano la domanda di beni rifugio. Nel breve, l’area 4.050–4.000 dollari rappresenta il primo supporto tecnico rilevante, sotto cui si aprirebbe spazio verso 3.900–3.850, mentre sul lato superiore le resistenze immediate passano per 4.180–4.220 e poi per la fascia dei massimi storici in zona 4.350. Lo scenario di base è quello di una settimana laterale con bias moderatamente rialzista, in cui eventuali fasi di risk-off o un ulteriore indebolimento del dollaro potrebbero favorire nuovi tentativi di allungo, mentre un tono più aggressivo della Fed e un rimbalzo dei rendimenti reali rappresentano i principali fattori di rischio ribassista.
